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Dry January e minor consumo di vino: le ultime tendenze sull'alcool

Origini e attualità del Dry January e degli altri movimenti no alcool, ma anche i dati e le prospettive sul minor consumo di vino e una nota sulla sicurezza stradale, nell'approfondimento di RGLife.

Il Dry January: origini, attualità e prospettive

La sfida del Dry January, non bere alcool durante il primo mese dell’anno, è iniziata come movimento nel 2013, ma è più antica di quanto si pensi. Un mese di sobrietà nazionale è testimoniato già nel 1942, quando la Finlandia istituì il sober january per sostenere lo sforzo bellico contro l’Unione Sovietica. 

La versione moderna risale al 2011, quando una ragazza britannica, Emily Robinson, decise di rinunciare all’alcool per prepararsi ad una maratona, cosa da cui scoprì diversi benefici: più energia, sonno di qualità e un miglioramento generale del benessere. La sua esperienza personale si trasformò in una riflessione collettiva quando si unì ad ‘Alcohol Change Uk’, un’organizzazione benefica impegnata nella sensibilizzazione sui danni causati dall’alcool, cosa che portò nel 2013 alla nascita di Dry January, con 4mila partecipanti. 

Nel 2024, gli iscritti hanno superato quota 215mila, mentre ormai milioni di persone in tutto il mondo adottano la pratica di astenersi dal bere per un mese, una crescita in cui anche le celebrità contribuiscono alla popolarità del movimento e che testimonia l’interesse verso uno stile di vita più sano e una relazione consapevole con le bevande alcoliche. 

I vantaggi, oltre a quelli già citati e poi certificati da uno studio dell’Università del Sussex, consistono nel cambiamento duraturo a livello fisico e nel risparmio di denaro durante il mese di astinenza; d’altro lato, uno studio sulla rivista scientifica inglese ‘The Lancet-Discovery Science’ del 2021 sottolinea come l’astinenza temporanea non riduca necessariamente il consumo di alcool nei bevitori occasionali. 

Mentre nel Regno Unito e negli Stati Uniti le reazioni alla campagna sono state generalmente positive, in Europa, in particolare in Francia, il Dry January è diventato motivo di scontro politico e culturale, dato che per molti francesi rinunciare ad un bicchiere di vino a tavola è un affronto alla cultura e alla tradizione nazionale. 

Oltre alle iniziative territoriali che si tramandano da generazioni, come in Italia nel mese mariano di maggio, è da citare anche il movimento americano sober curious, letteralmente curioso di sobrietà, dalla serie tv ‘Emily in Paris’, attivo soprattutto in ottobre. Anche il mercato delle bevande analcoliche ha spinto sempre più persone ad interrogarsi sul loro rapporto con l’alcool. 

Come sempre in questi casi esistono anche le risposte contrarie, vedi il come over october, la campagna ideata dalla wine writer statunitense Karen MacNeil per contrastare il crescente movimento contro l’alcool e promuovere la natura conviviale del vino.

dry january mese senza alcol

Il calo del consumo di vino 

A tal proposito, Alessandro Torcoli, direttore di ‘Civiltà del bere’, ha dichiarato a ‘Il Post’: “Dagli anni Ottanta il vino non è più un alimento e non si beve quasi più a pranzo e si beve meno a cena: sta diventando qualcosa di edonistico e di intellettuale”, forse la spiegazione principale alla crisi del settore, mentre allo stesso tempo aprono sempre più enoteche e proliferano iniziative come le degustazioni, i corsi da sommelier e le cantine aperte durante la vendemmia. 

I dati dicono che il consumo di vino, tranne l’aumento riscontrato durante il lockdown, cala di anno in anno. Le ragioni vanno dal riscaldamento globale, che porta a bere sempre meno vino rosso perché a sempre più alta gradazione, ad un nuovo modo di vivere la socialità, dovuto alle difficoltà economiche degli ultimi anni, dato che al ristorante si va meno e in quelle occasioni si tende ad ordinare un calice piuttosto che una bottiglia di vino, nuove abitudini che pesano sulla scelta del tipo di vino, con il bianco riscoperto di recente come prodotto di lusso e qualità. Senza dimenticare la sovrapproduzione, l’aumento dei costi delle materie prime, il che porta ad un aumento generale dei costi e, ricollegandoci al cambiamento climatico, la nascita di nuovi luoghi di produzione a discapito di quelli tradizionali. 

Il crollo del consumo di vino negli ultimi 70 anni - dai 125 litri a testa in media degli anni Sessanta ai 55,8 del 2010 - è dovuto al diverso modo di berlo, dato che si beve sempre vino economico, ma più vino di alta qualità in occasioni saltuarie. 

Anche per questo alcuni produttori stanno provando nuove strade, come la produzione di vini dealcolati (ovvero con un tenore alcolico inferiore agli 0,5 gradi), legale in Italia dallo scorso dicembre, per andare incontro alle esigenze di mondi come quello arabo, tanto che il settore no/low, bevande senza alcool o con basso contenuto alcolico, nel 2023 ha avuto vendite doppie rispetto a 5 anni prima.

Altre possibili contromisure consistono nel puntare sul turismo enologico e sulla sostenibilità ambientale, mentre non paga un modo semplificato di consumare il vino, vedi lo scarso successo del vino in lattina in Italia, realtà in cui da un consumo facile e immediato si sta andando verso un consumo sempre più complesso e legato ad alcune circostanze specifiche.

Il servizio taxi per i ragazzi ubriachi in discoteca

Ciò non significa che gli incidenti stradali legati all’eccessivo consumo di alcool non siano più presenti. In tal senso, negli ultimi anni l’Italia ha fatto significativi progressi nella prevenzione degli incidenti legati all’alcool e nella promozione della sicurezza stradale. 

Una delle misure più recenti e significative, risalente ad agosto 2023, è stata l’istituzione di un servizio taxi per riportare a casa dalle discoteche i ragazzi ubriachi. L’obiettivo è offrire una soluzione sicura e responsabile per garantire che i giovani possano tornare a casa senza incidenti dopo una serata alcolica.

Questa misura ha ricevuto ampio sostegno da parte delle autorità locali, le forze dell’ordine e le organizzazioni per la sicurezza stradale, anche se la sicurezza stradale non può essere delegata esclusivamente alle autorità