Le newsletter sono un media consolidato e riconosciuto, da tempo nel contesto informativo americano ma da qualche anno, il boom è avvenuto in occasione della pandemia, anche in quello italiano.
Ormai c’è l’imbarazzo nella scelta delle newsletter da leggere e a cui iscriversi, anche se questo non è sempre sinonimo di qualità.
Nonostante le sue radici siano antiche, la sua diffusione online è recente e quindi siamo già passati attraverso una fase di ristagno, a causa di promesse di monetizzazione non sempre rispettate e di scadenze di pubblicazione che gli autori non sempre riescono a rispettare, tanto da parlare di ‘newsletter fatigue’, sia da parte di chi le riceve che soprattutto da chi le scrive.
La newsletter 'Commestibile'
In questo panorama interessante ma caotico e frastagliato, e in cui si fatica ad emergere, nel settore alimentare spicca indubbiamente ‘Commestibile’. Questa newsletter, citata da Salvatore Aranzulla tra le migliori su Substack - ma anche progetto di eventi, ricerca e consulenza - offre una prospettiva diversa su tutto ciò che ha a che fare con il cibo, trattandolo dal punto di vista di dati, interviste e aneddoti personali: “Qui si parla di tutto quello che è l’edibile: ristoranti, cannibalismo, TikTok e tutto quello che vi viene in mente; eventi, dati, alcool e tutto quello che si può ingerire” nella simpatica descrizione che ne fanno le ideatrici e autrici Roberta Small e Victoria Small, rispettivamente giornalista e consulente.
‘Commestibile’, nata nel marzo ‘23 e a scadenza bimensile, venerdì 14 marzo è uscita a tema “Come la Milano da bere ha cambiato il mondo del bar”: “Il mito della Milano degli eccessi, l’invenzione dell’aperitivo degli anni ‘90 e le tecnologie che hanno cambiato il bar”, numero che RGmania ha avuto il piacere di sponsorizzare rispondendo tramite Giorgio Negri, il fondatore di RG Commerciale, e Camilla Negri, la responsabile del marketing e della comunicazione, ad alcune domande sui cambiamenti degli ultimi decenni nel mondo del bar e dei cocktail.
L'intervista di RGmania alla newsletter 'Commestibile'
L’intervista ha preso lo spunto dagli strumenti e le attrezzature da bar che hanno segnato un cambiamento epocale nel mondo dei cocktail, per cui “sebbene si parli spesso di fusione tra il mondo del bere miscelato e quello della cucina, bisogna ammettere che sono pochi i locali nel mondo che hanno sperimentato a un livello tale da poter parlare di rivoluzione”. La nostra scelta è ricaduta sul “Rotovapor, che permette di distillare e giocare anche con gli ingredienti della cucina all’interno dei drink. Sta inoltre tornando a piccoli passi il molecolare, portato sotto la luce dei riflettori da Heston Blumenthal in cucina e da Dario Comini nella miscelazione”.
Accessori oggi obsoleti, ma che erano prodotti di punta vent’anni fa, sono stati individuati da Giorgio e Camilla nei “tritaghiaccio, che per realizzare le granite non bastavano mai, come i blender per i frozen, mentre ora sono strumenti che si vendono più nelle località balneari, in modo stagionale e territoriale. Possiamo parlare di meteore, però, come il gallone. E’ un modello tipicamente italiano, che per diversi anni è andato a ruba, salvo poi subire una scioccante battuta d’arresto, senza un motivo specifico. Un altro esempio potrebbe essere il jigger, che ora in Italia sembra imprescindibile ma in giro per il mondo è sempre stato la regola, anche per misurare il vino”.
I Negri, a livello di trend che pensano durerà nel mondo del bar e della ristorazione, hanno individuato “un ritorno alla sobrietà, un approccio molto pulito alla miscelazione, che rimette al centro il gusto del cliente rispetto alla vanità del barman. Si continua a sperimentare, ma senza tediare il cliente con spiegazioni lunghissime”. E ancora: “La scelta di lasciare libero il cliente: se desidera uno spritz, fategli uno spritz! Anni fa ricordiamo dei barman che portavano avanti la crociata anti-spritz, come se fosse il male del mondo”.
Alla domanda se c’è qualcosa che ci manca dei cocktail bar di un tempo, tramite Giorgio e Camilla RG ha osservato che “il contatto umano con il bartender, chiacchierare e guardarlo lavorare, per molti professionisti oggi è più una distrazione che un valore aggiunto. Il barman psicologo pretende di essere un artista del suo lavoro e in un certo senso lo è, ma deve capire che in un mondo in cui ormai esistono anche le macchine automatiche che fanno i cocktail, il fattore umano è ciò che fa la differenza”.