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Una serata fra chef e beneficenza: Davide Maria Oldani e la Settimana della Mondialità

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Cosa succede quando uno chef importante si mette al servizio di un’iniziativa benefica? Non può che uscirne una cena di ottima qualità servita e gustata con uno spirito di festa e condivisione.

Questo è successo lo scorso 25 luglio nel piccolo paese di Roveleto di Cadeo, in provincia di Piacenza, ad appena due passi dalla nostra RG. Grazie all’amicizia di Don Umberto con Davide Maria Oldani, è stato possibile organizzare nel centro parrocchiale locale, una cena a scopo benefico per sostenere i volontari della Settimana della Mondialità.

Il menù prevedeva quattro portate tipiche della tradizione piacentina, rivisitate con un tocco di personalità da parte dello chef: ricotta al cucchiaio, polvere di Culaccia, melone in salsa e a cubi al profumo di origano; ‘Pisarei’, salsa cremosa al vino bianco, pesto, pomodori e fichi disidratati; ‘Cappello del prete’ di manzo, centrifugato di verdufrutta, albicocche piccanti e fagiolini; ‘Sbrisolona’, gelato al profumo di rosmarino e composta di prugne; il tutto accompagnato da Malvasia secca, Gutturnio frizzante e Malvasia dolce. Da aggiungere infine, che le materie prime usate nelle ricette sono state offerte da aziende locali che hanno sostenuto con vigore l’iniziativa, fornendo formaggio, carne, vino, acqua e altro ancora.

Ora passiamo in rassegna le portate una alla volta: la ricottina calda era davvero ottima e sebbene la Culaccia non fosse in polvere, il senso di chiamarla tale era la fragranza che provocava nell’assaporarla. Il ‘profumo’ d’accompagnamento non era di origano ma di menta, ma poco importa, e il melone era a sfere, ricavate direttamente dal frutto, secondo un metodo che Oldani ha spiegato approfonditamente in un articolo a ‘La cucina italiana’ su come ricavarle e perché quest’estate abbia prediletto tale ingrediente.

I ‘Pisarei’, tipico primo piatto del piacentino, sono piccole chicche di pasta servite con sugo al pomodoro e fagioli, ma lo chef ha preferito riproporle con una squisita salsa al vino bianco, una passata di pesto (che anche la sottoscritta pur non amandolo ha apprezzato), pinoli tostati, pomodori e fichi, anche se, a differenza di quanto scritto nel menù, erano disidratati i primi e non i secondi.

Il tanto chiacchierato ‘Cappello del prete’ era in realtà pernice accompagnata dalla famosa salsa di verdufrutta, zucchine e albicocche piccanti, purtroppo senza fagiolini.

Per finire, la più tipica torta ‘Sbrisolona’ (cucinata dal pomeriggio dalle signore del mio tavolo) con un incredibile top di gelato al fiordilatte, prugne, e stavolta un vero e proprio effluvio di rosmarino.

A rendere davvero importante la serata non è stata solo la presenza dello chef, ma anche e soprattutto quella dei volontari della Settimana della Mondialità che, invitati da Don Umberto, hanno parlato delle loro esperienze in terra straniera per aiutare i bambini e i popoli tutti quotidianamente colpiti dalle disgrazie e dalle guerre nei loro Paesi del Terzo Mondo, e con cui noi mai abbiamo contatti se non attraverso mezzi impersonali come i mass-media.

Scuotere le coscienze con metodi non-convenzionali sembra dunque possibile, specialmente se a unire 165 persone per una sera è stato il cibo.