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A special day

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In occasione di un recente breve viaggio di lavoro a Barcellona in compagnia di Emiliano Martinelli che è anche l’autore delle foto di viaggio, abbiamo visitato la mostra "Ferran Adrià e elBulli. Rischio, libertà e creatività" allestita al Palau Robert di Barcellona.

E’ noto che negli ultimi venti anni Ferran Adrià è stato uno degli chef internazionali più discussi.

Idolatrato o calunniato, amato e detestato, considerato un genio assoluto o un grande bluff, in ogni modo protagonista assoluto della cucina internazionale più recente. Di lui si è molto detto, parlato, scritto, raccontato.

Suggerisco vivamente a tutti coloro che volessero approfondire questo argomento e farsi un’idea più precisa in merito al lavoro di Ferran Adrià di visitare questa mostra che resterà aperta per circa un anno.

Io ne sono rimasto letteralmente rapito, incantato, e ho provato emozioni molto forti, che forse non riuscirò neppure a trasmettere per come mi sono arrivate, ma ci provo.

Credo che chiunque metta piede al Palau Robert per visitare questa mostra, che è anche una installazione artistica, una performance continua, non possa fare a meno di essere immediatamente colpito da quanto impegno, lavoro, ricerca e soprattutto quanta competenza e conoscenza tecnica, storica, chimica e culinaria stiano alla base del lavoro di Adrià.

La mostra che è splendidamente concepita e allestita (e particolare non da poco, aperta gratuitamente al pubblico), contiene ogni tipo di documento e di supporto: video e scritti, documenti e ricette, foto e appunti, libri e oggetti.

E’ un bombardamento continuo di idee, di stimoli, di motivi di riflessione e nuova conoscenza. Ho percepito una mole impressionante di attività mentale e manuale dalla quale mi sono sentito quasi sovrastato.

Da una parte sono stato colto quasi da una frenesia di capire ogni frammento del percorso, di assimilare il più possibile e di godermi la splendida esposizione millimetro per millimetro, minuto per minuto, ma da un’altra parte ho ricevuto così tanti input e tutti insieme, che ero anche un po’ soffocato, avrei quasi voluto scappare, sottrarmi in fretta a tutto ciò che stavo assimilando in così breve tempo.

La mostra culmina con la “rappresentazione dell’ultima cena”, cioè con la documentazione filmata dell’ultima serata avvenuta a elBulli, prima della sua chiusura.

E’ stata una esperienza indimenticabile, piena di aspetti sorprendenti e di effetti speciali, così come è la sua cucina e il suo stile.

Credo che chiunque visiti questa mostra, in qualsiasi modo possa pensarla su Ferran Adrià, non possa far a meno di constatare e considerare che nulla arriva per caso e sicuramente dovrà accettare il fatto che è impossibile accusare Ferran Adrià di improvvisazione e inconsistenza.

Questa esposizione è il contenitore di una vita di duro lavoro impostato su una meticolosità, professionalità e serietà impressionanti dove l’impegno di ricerca e sperimentazione sono paragonabili a quelli di un laboratorio di analisi scientifiche.

Ogni minimo dettaglio e passaggio,di ogni preparazione, ogni giorno di lavoro suo e dei suoi collaboratori è stato documentato con vari tipi di supporto: cartacei e digitali, fotografici e video e questo è avvenuto fin dall’inizio, fin dai primi anni di attività.

Già questo particolare attesta una determinazione, una passione e una lungimiranza davvero fuori dal comune. Io penso che la cucina molecolare di

Ferran Adrià non debba necessariamente piacere a tutti, nessuno è obbligato a preferirla, e sui gusti e preferenze personali a mio avviso esiste la massima libertà di opinione e di scelta, ma una cosa è certa: il lavoro che Ferran Adrià (e dei tanti collaboratori che hanno contribuito a questo progetto), ha svolto in tutti questi anni attraverso elBulli e che continuerà a svolgere nella Fondazione da lui creata con il fratello Albert, è senza dubbio straordinario,

Ferran merita senza dubbio il posto di primo piano sul piano internazionale che si è conquistato anche tra mille difficoltà e diffidenze e merita un grande rispetto professionale: “chapeau!” ,per dirla alla francese.