Cosa succede se un gruppo di barman professionisti che si unisce per condividere corsi, esperienze e passione incontra un’azienda leader nel settore vitivinicolo? Noi l’abbiamo scoperto lunedì 8 settembre, quando, insieme ai Gaudenti del Lunedì, abbiamo visitato la sede di Gancia, a Canelli.
Vorremmo anticiparlo in apertura: l’ottima riuscita della giornata è dovuta non solo alla qualità dell’azienda che ci ha ospitati ma soprattutto alle persone che ne fanno parte e ci hanno guidati alla scoperta del loro mondo.
La visita è iniziata da quelle che sono chiamate le ‘Cattedrali Metodo Classico’, le vecchie cantine sotterranee, che ci hanno subito trasmesso un sapore di autenticità, che sa di umidità e profumo di vino, come nelle cantine dove i nonni tenevano il vino imbottigliato a mano e d’estate ci si rifugiava a cercare il fresco. Forse la cosa più importante da dire è che proprio queste ‘Cattedrali’ sono entrate a far parte del patrimonio Unesco da pochissimi mesi. Potremmo dunque fermarci e lasciar intendere che se un’azienda riceve questo onore non ha bisogno di tante spiegazioni, ma in realtà c’è ancora tanto altro da dire su quello che abbiamo visto. Dopo i sotterranei, siamo infatti passati a osservare la pigiatura, il processo completo da quando l’uva arriva col trattore in azienda a quando viene versata in grossi tini da 4000 chili l’uno per poi essere pressata, con processi ormai completamente automatizzati, per rispondere alle importanti richieste del mercato.
Passando dunque per le sale che ospitano i silos dove viene posto il mosto prima che vengano aggiunti lieviti e zuccheri, possiamo assaggiarlo, prima e dopo questo processo, mentre ci viene spiegata la lavorazione del vino con metodo Charmat.
A farla da padroni sono, ovviamente, il Moscato, ma anche i Pinot: bianco grigio e nero.
Durante il percorso alcune foto e filmati d’epoca ci fanno percepire il cambiamento avvenuto negli anni, ma solo nella forma, nel metodo di lavoro meccanizzato: se per il Metodo Classico infatti si giravano le bottiglie una ad una, ora il gira-pallet lo fa in automatico, a intervalli regolari.
Il prodotto è però autentico, vero, e qualificato, come si può osservare nell’ultima sala, quella dei cimeli, dei ricordi, dei riconoscimenti ottenuti nei secoli: dagli attestati delle esposizioni universali al riconoscimento dello Spumante Gancia come primo di quelli italiani, grazie all’utilizzo del Champenoise importato direttamente dalla Francia.
La nostra visita non termina però dopo la visita alle cantine e il focus sui macchinari, ma prosegue con una degustazione di ben sei vini, più un bitter, accompagnata dalle attente spiegazioni dell’enologo aziendale che si premura di spiegarci le differenze fra le uve, le lavorazioni e l’assaggio, a partire dall’olfatto.
Al termine della degustazione, dopo qualche stuzzichino, ci dirigiamo verso il centro di raccolta, dove troviamo un’ulteriore pressa, quella adibita alla sola pigiatura delle uve di Moscato.
Toccata e fuga, prima di ripartire per raggiungere i vigneti di uno dei maggiori raccoglitori della zona, che possiede ben 10 ettari di terreno. Con competenza e pazienza, ci guida fra le viti parlando della raccolta annuale, del trattamento delle piante e ricordando annate migliori e peggiori.
Per concludere la giornata ci è concesso di goderci il tramonto astigiano nel rustico, dove ci viene offerta un’abbondante merenda a base di prodotti naturali e lavorati in casa, con visita al piccolo museo all’interno della casa dove vengono conservati gli attrezzi che venivano utilizzati in passato per la vendemmia e la pigiatura.
Cosa abbiamo imparato da questa giornata? Non solo che c’è uva e uva e che dietro un grande marchio si nasconde un grande lavoro, ma anche e soprattutto che è un lavoro che parte dalla terra e dagli uomini e chi ha imparato a investire in questo è cresciuto e ottenuto i risultati meritati.