Ciao Luigi,
prima di tutto grazie per aver accettato di rispondere a qualche mia domanda. Quando si ha la possibilità di intervistare una autorità riconosciuta e indiscussa in un determinato ambito come lo sei tu nel campo dell’olio d’oliva, prende una sorta di frenesia e verrebbe voglia di fare mille domande. Tuttavia non credo che questa possa essere la strada migliore. Le tue esperienze professionali sono talmente tante e così qualificanti, che parlare di tutto questo rischia di diventare dispersivo per te e per chi ci legge. Rimando pertanto la conoscenza di tutto il tuo operato ad una sintetica scheda a fine intervista e al tuo sito www.luigicaricato.net e invece vorrei concentrare il senso di questo nostro colloquio sulla tua ultima e titanica impresa: Olio Officina food festival che si è tenuto a Milano il 28 e 29 gennaio 2012, nella splendida cornice del palazzo dei Giureconsulti di piazza dei Mercanti. (per chi non conosce Milano, affiancata a piazza del Duomo). Avendo la fortuna di essere stata invitata a partecipare, ho potuto verificare di persona il grande successo della tua iniziativa, quanto è attivo e importante il settore dei produttori di olio extravergine d’oliva di alta qualità nel nostro paese, e quanto interesse suscita questo argomento tra media e operatori del mondo della ristorazione più qualificata e della salute. Le prime domande pertanto sono un po’ ovvie, ma necessarie.
Perché hai sentito l’esigenza di dar vita alla prima edizione di Olio Officina Food Festival?
Perché esisteva, e tuttora esiste, un vuoto culturale, tranne qualche rara eccezione.
Da quanto tempo accarezzavi questo progetto?
Da almeno vent’anni, ma realizzare prima tale progetto non avrebbe avuto un seguito. Ora sì, i tempi sono quasi maturi.
Come hai fatto a mettere insieme le risorse economiche e le partecipazioni? Insomma ci racconti in sintesi tutto il progetto?
Ho annunciato le mie intenzioni e per fortuna senza difficoltà c’è chi ha creduto nel mio progetto. Sono stato sostenuto dalle aziende, dai consorzi e anche da alcuni singoli individui estranei al mondo dell’olio. E’ stata un’opera corale di cui io sono stato il direttore di un’orchestra che ha ancora voglia di suonare una musica nuova. Mi piace di questa esperienza che tutto sia partito dal basso, da un’idea che è diventata realtà . Ci ho messo l’anima dentro.
Le due giornate sono state intensissime e ricche di interventi di vario genere e espressione di realtà molto diversificate e in questo ho sentito una tua esigenza di non essere elitario nella scelta delle partecipazioni. Mi è sembrato di comprendere che tu non abbia voluto portare nel festival solo dei super esperti e  dei “soloni” della materia, ma operatori a vari livelli di specializzazione, a volte anche semplici appassionati, ma comunque molto competenti. Interventi che potessero far intendere quanto ricco, sfaccettato e pieno di opportunità amatoriali e professionali è il magnifico mondo della coltivazione, produzione o più semplice utilizzo dell’olio extra vergine d’oliva. Ho avuto la sensazione che tu, da abile giornalista e operatore della comunicazione, abbia voluto focalizzare l’attenzione sulle opportunità reali di mercato che questo segmento può produrre sia sul piano nazionale che su quello internazionale.
Ti faccio pertanto una domanda alla quale comprendo non sia facile rispondere. Tu credi che l’olio extravergine d’oliva italiano, possa diventare la nuova voce trainante del Made in Italy nel settore agricolo e avere nei prossimi anni uno sviluppo economico e una fama simile al quella che il vino italiano di qualità si è riuscita a conquistare negli ultimi 30 anni?
La risposta purtroppo non è difficile. Il comparto oleario italiano vive chiuso in se stesso. E’ poco esplorativo. Non ha più la forza propulsiva di un tempo, perché gioca solo in difesa. Il limite del nostro comparto è di restare fortemente ancorato al passato, vivendo di luce riflessa. Non sono però pessimista. Ci sono alcuni gruppi di coraggiosi imprenditori illuminati che hanno il coraggio di osare, pur mancando in generale un sistema Paese che li sostenga. Chi si impegna ed è mosso da passione riesce a fare egregiamente la propria parte. I grandi esempi positivi esistono, dunque. Manca semmai un approccio corale, uno stile nazionale che permetta di guardare avanti con occhi nuovi e con un grande senso di orgoglio.
Il programma del festival è consultabile sul tuo sito, ma ti chiedo: tra i tantissimi interventi e tutti davvero molto interessanti, ce ne è stato qualcuno che ti ha colpito maggiormente? Qualche frase, riflessione o felice intuizione illuminante per il settore?
Tutto mi è piaciuto di Olio Officina Food Festival. Per questo l’ho concepito in un senso polifonico, in modo da far sentire tutte le possibili voci. E tutti infatti hanno parlato, evocando una nuova visione dell’olio, perfino una olistica. Ciò che è emerso è che l’olio non è solo pura merce, ma diventa, attraverso questo nuovo approccio, un prodotto culturale, tanto che una bottiglia di olio extra vergine di oliva andrebbe esibita come fosse la copertina di un libro. E’ un’opera di cultura, c’è dietro il genio creativo dell’olivicoltore e del frantoiano, di coloro che lavorano per coltivare le olive per estrarne l’olio in purezza. Ora il passaggio successivo, quello che si attende e si invoca consiste nel rendere partecipi di questo atto creativo anche i ristoratori e gli chef, oltre che i consumatori. L’olio vive una sua vita autonoma quando entra in cucina, assume un’anima nuova incontrando altre materia prime alimentari. Per questo è importante che attraverso il festival si acquisisca una nuova sensibilità che porti a impiegare l’olio in maniera più consapevole e mneo abitudinaria.
Pensi di dare valore stabile a questo appuntamento?
Sì, Olio Officina Food Festival sarà un appuntamento annuale. L’evento madre si svolgerà ogni anno a fine gennaio a Milano, ma poi nel corso dei mesi ci saranno tappe intermedie itineranti, anche all’estero.
 Cambierai qualcosa rispetto alla formula del 2012? Hai già in mente qualche ulteriore novità ?
Cambiare è sempre nelle mie corde, non mi piace replicare. Il format sarà il medesimo, ma ogni volta ripensato con un nuovo filo conduttore. Non dimentichiamo che il sottotilo è “condimenti per il palato e per la mente”. Non ci sarà solo l’olio extra vergine di oliva. Darò spazio a tutti i condimenti, valorizzandoli, perché sono ingredienti che giocano alla pari con altre materie prime alimentari.
Adesso ti faccio una domanda e anche una richiesta da consumatore: come si fa a capire se l’olio extravergine di oliva che stiamo consumando è davvero di qualità ?
Non è facile, le abitudini di consumo in qualche modo ci condizionano anche inconsapevolmente. La qualità però è anche un riferimento oggettivo. Se l’olio ha cattivi odori, non c’è alcuna scusa: ha cattivi odori. Se è rancido, è rancido; e così se è ossidato, o ha altre sensazioni poco gradevoli, la qualità è anche riferita a parametri chimico-fisici compositivi, oltre che un profilo sensoriale e nutrizionale ben preciso. Solo che il consumatore, ma anche lo chef, non sempre comprendono il vero valore della qualità . Per questo ho pensato a una specifica sezione all’interno del festival, con un’area sensoriale in cui è stato possibile degustare l’olio attraverso le indicazioni di esperti assaggiatori che ne hanno spiegato la natura e i modi per apprezzarne la bontà .
Puoi fornire a tutti i visitatori del tuo blog, un decalogo per decodificare le informazioni in etichetta del prodotto?Â
L’etichetta è semplice. Non c’è nulla da spiegare. Conta andare oltre l’etichetta. E’ solo attraverso l’assaggio che si può scoprire la vera qualità . L’approccio diretto con il prodotto è la vera strada da seguire. L’etichetta serve a poco, chi vuole imbrogliare il consumatore lo inganna mettendo un’etichetta seocndo la legge. Bisogna capire invece cosa c’è dentro la bottiglia, e scoprire la vera bontà . Ecco, in futuro io mi immagino un punto vendita diverso da quelli attuali, dove si possa annusare e degustare l’olio prima di acquistarlo. Un po’ come si fa nelle profumerie, dove appunto è possibile provare un profumo e confrontarli tutti prima di procedere con l’acquisto. Anche il gusto alimentare implica una adesione personalizzata, su misura per le nostre papille gustative.
 L’etichetta dell’olio extravergine di oliva è di difficile interpretazione anche per un professionista?
L’etichetta così com’è è pletorica. Sono riportate indicazioni inutili. Se fossi un legislatore metterei solo l’essenziale. Indicazioni generiche e insignificanti come “estratto a freddo” o “prima spremitura” sono banalità . Oggi tutti gli oli sono estratti a freddo, non esiste una estrazione a caldo, come non esiste una seconda o terza spremitura.
Quali sono le voci alle quali è indispensabile porre la massima attenzione per essere certi di consumare un olio di reale qualità ?
L’unica voce che bisogna sentire è quella della coscienza. Un olio destinato alla nostra alimentazione non può essere acquistato a basso prezzo, in sottocosto. Meglio diffidare, se si è davvero intelligenti e si ha un’etica solida, occorre prendere coscienza di errori imperdonabili. I primi prezzi sono un segno di stupidità assoluta. Ha senso che un olio che deve mantenere in essere il motore del nostro organismo costi meno, molto meno, di un qualsiasi stupido olio minerale che serve per oliare i motori delle automobili? Siamo davvero così stupidi da spendere molto di più per un olio destinato alle automobili? Evidentemente sì.
Un’altra e ultima domanda da consumatore: non pensi che la conoscenza dell’olio extra vergine d’oliva italiano con tutte le sue sfaccettature, le sue differenti territorialità , i mille profumi, i sapori e le intensità così variegate e i tanti diversi utilizzi abbia la necessità di luoghi di conoscenza come lo sono le birrerie con degustazione o i wine bar? Intendo luoghi di degustazione con veloci spuntini dove si possa cominciare a comprender come usare un olio, come abbinarlo per valorizzarlo, come inserirlo a crudo o nelle cotture…insomma non pensi che sia venuto il momento di aiutare un po’ di più anche il consumatore finale a raccapezzarsi sull’argomento ?
Sono anni che mi impegno in tal senso. Manca la collaborazione da parte di chi gestisce i locali pubblici. Anni fa inventai nelle manifestazioni fieristiche la presenza di un Oil Bar. E’ stato un grande successo. Bisognerebbe portare tale esperienza nei ristoranti e nei punti di ristoro. Io valorizzerei la cucina di campagna negli agriturismi, ma spesso e volentieri gli agriturismi non si rivelano all’altezza di tale compito. Al di là di tutto, sto lavorando per fare in modo che si crei qualcosa di nuovo da proporre nei prossimi mesi. Ho inventato i “ristoranti oliocentrici”, che segnalo di colta in volta ai miei lettori, ma ho bisogno di gente che ci creda e che sia pronta ad accettare il rischio di sperimentare. Se c’è qualcuno interessato a tale percorso virtuoso si faccia avanti. La cultura muove l’economia, non è il contrario.
Luigi Caricato, scrittore, oleologo, giornalista, è direttore e ideatore di “Olio Officina Food Festival”. E’ autore di diversi volumi dedicati all'olio extra vergine di oliva, tra cui il romanzo L’olio della conversione (Besa, 2005). Con il progetto "Olio Officina", sia attraverso il blog, sia altre iniziative in programma nei prosismi mesi, si propone di sviluppare un laboratorio di idee aperto a tutti, incentrato sul rapporto tra i condimenti e le altre materie prime alimentari, ma anche di dar luogo a un nuovo rinascimento per l’olio. Le più recenti pubblicazioni in volume sono Olio di lago, per le edizioni Mondadori (2010), e Olio: crudo e cotto, per Tecniche Nuove (2012).
Intervista a cura di Monica Palla
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