| In the kitchen

Interview with Roberta Schira

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Sei conosciuta da anni nel settore dell’alimentazione come “la psicologa del gusto”, una definizione che sicuramente ti appartiene e che ti meriti grazie alla tua interessante attività che ti vede impegnata nella continua ricerca delle connessioni tra cibo, costume e psiche. Quindi il tuo occhio spazia lontano e forse ci può aiutare a comprendere meglio il ruolo del cibo nella vita di tutti noi.


Non è facile definirmi, io stessa nel corso di 15 anni di attività ho subito un’evoluzione profonda, sono passata dai ricettari, alle guide, dai trattati alla narrativa e ciò mi ha portato a rivestire ruoli differenti. Sono una figura anomala: so cucinare, scrivo libri e articoli e faccio un po’ di televisione. Oggi, mi calza la definizione coniata dal Corriere della Sera: scrittrice e gourmet. Ho due passioni: la cucina e i libri e le ho trasformate in un lavoro.


Oggi la civiltà occidentale ha smesso di considerare il cibo come una necessità di sopravvivenza ed è invece proiettata nel consumo del cibo come esperienza culturale ed emotiva. Quale è la tua opinione in proposito? Il cibo è cultura? Lo è solo oggi o lo è sempre stato?


La cucina è il linguaggio delle culture”, la frase di Levy Strass è valida oggi come ieri, solo che oggi c’è più consapevolezza dell’importanza dell’atto di mangiare.

Lo spreco e il consumismo della società occidentale, però ha portato a esasperare i problemi legati al cibo come il cibo/ ricatto o il cibo /compensazione. Una parte del mondo mangia troppo, l’altra troppo poco: è una terribile contraddizione. Negli ultimi anni sono sempre più interessata al valore simbolico e culturale del cibo, e al comportamento alimentare in genere anche come fatto di costume, tutti concetti che ho espresso chiaramente in Cucinoterapia ( Salani), un libro sugli effetti benefici dell’atto creativo di cucinare.


Sei in rapporti di amicizia e hai collaborato con grandissimi chef, con cui hai condiviso molte esperienze, anche editoriali, cosa hai imparato da loro? Non ti chiedo di fare né nomi, né preferenze, né di esprimere graduatorie, ma secondo te cosa possiede in più o di diverso un grande chef che lo rende tale? Quali sono le caratteristiche che fanno di uno chef un vero artista del gusto?


Il mio primo maestro è stato Claudio Sadler che mi ha educato il palato e insegnato a cucinare. Era lui che per esercitarmi mi faceva indovinare tutti gli ingredienti presenti in una pietanza dopo averne assaggiato un solo boccone: è un ottimo esercizio!

Il mondo della ristorazione è diviso in tre grandi categorie:

• I cattivi cuochi, quelli senza basi che cucinano per soldi;

• i bravi esecutori, quelli che eseguono correttamente piatti inventati da altri e che cucinano per passione;

• i fuoriclasse, quelli che conoscono a perfezione le basi e possiedono il talento per sperimentare nuove strade.


Sei una scrittrice prolifera, hai scritto diversi libri che hai realizzato per vari importanti editori, le tue proposte sono sempre attente al dettaglio, al particolare, quindi la tua è una scelta che non insegue la popolarità e per questo a mio avviso particolarmente interessante. Se tu dovessi dare una definizione ai tuoi libri in che filone letterario li collocheresti?


I miei detrattori sostengono che i miei libri possono non piacere ma che ho un merito: non mi ripeto mai per navigare il successo, cerco idee nuove e sino a che la mia creatività non si esaurisce, pubblico un libro all’anno con un grande gruppo editoriale ( Gem’s, il secondo italiano per fatturato). Ho scritto, tra l’altro un manuale di seduzione a tavola, un trattato di 300 pagine sulle frattaglie, e un romanzo vero e proprio: come è possibile classificarli in un solo filone letterario?

Io so solo che scrivere non è un mestiere, ma una vocazione come dice il grande Panofsky in “La versione di Barney”, e poiché è una vocazione, a volte scrivo la notte per essere puntuale con le scadenze editoriali. Adoro il mio lavoro e non sento la stanchezza. Un accenno all’ultimo libro “ Le voci di Petronilla”, scritto con la giornalista Alessandra de Vizzi per Salani, a dimostrazione della mia versatilità. E’ un genere nuovo che sta tra la biografia e il romanzo storico, la vita di una grande donna ( terza medico in Italia) che ha tenuto per 20 anni una rubrica di cucina su La Domenica del Corriere. Un libro che è anche il punto sulla situazione femminile oggi in Italia. Questo dimostra che mi sto allontanando sempre di più dai ricettari verso la narrativa.


La professione dello chef è fatta sicuramente di talento, scuola, tecnica, esperienza, estro creativo, curiosità e buona memoria delle proprie radici. Quando assaggi un nuovo piatto realizzato da uno chef cosa ti colpisce maggiormente tra queste qualità? A quale di queste caratteristiche dai maggiore importanza?


La militanza nelle guide gastronomiche e il saper cucinare mi rende molto severa, inoltre ho la fortuna di mangiare al ristorante una media di 4 volte la settimana e spazio dagli stellati alle sagre di paese.

Un piatto perfetto deve essere equilibrato. Deve avere in sé tre componenti essenziali: tecnica, ottimi ingredienti, un pizzico di genio; se ne manca solo, uno il risultato cambia e la magia si spezza.


Che ruolo giocano a tuo avviso nel processo di degustazione di un piatto le attrezzature di cucina, la scelta delle stoviglie di portata, la mise en place della tavola e la presentazione dei piatti ?


E’ necessario distinguere. Una cosa sono gli attrezzi di cucina, fondamentali per il risultato e come aiuto per chi è appassionato, altro è la presentazione che può passare anche in secondo piano. Se devo recensire un piatto non mi faccio incantare più di tanto dalla presentazione, quello che conta è quello che finisce sul palato.

Il compito di un critico gastronomico è distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è. Poi, c’è il secondo passaggio ed è il saperlo raccontare.


La globalizzazione a tuo avviso sta uccidendo il gusto rendendo tutti i piatti uguali da Tokyo a Lisbona e tutte le mode culinarie omologate o al contrario è una grande opportunità per capire stili culinari differenti e per concepire modi di mangiare sempre più innovativi e “fusion”?


Chi conosce la storia dell’uomo sa che la cucina è di per sé il frutto di una stratificazione e contaminazione continua. La cucina come la lingua è in evoluzione. Avere buon senso significa salvare e difendere il passato e le identità territoriali mantenendo una grande apertura nei confronti delle altre culture e di chi fa avanguardia. Il tutto senza prevenzioni.


Parlando di attrezzature da cucina e di design della tavola quali sono gli oggetti che traggono origine dal passato e le idee innovative che ti hanno maggiormente colpito e che ti appassionano?


Più proseguo nella mia professione più apprezzo i piatti minimalisti e le cotture che rispettano il sapore reale degli ingredienti. Amo le cotture primitive, come ad esempio sulla pietra o nella cataplana ( l’antica pentola portoghese), ma anche quelle regalate dai forni tecnologicamente avanzati a basse temperature.


PER CONOSCERTI MEGLIO


Adesso parlaci di te, di cosa ti stai occupando in questo momento? Quali progetti, idee prossime o future?


Oltre a seguire alcuni progetti sul web, sto scrivendo due libri e alcuni programmi televisivi. Nel 2011 uscirà il primo sull’approccio con il cibo dal punto di vista psicologico, mentre l’altro è un romanzo e con la narrativa non si scherza. Un romanzo ma non si sa quando è davvero pronto per la pubblicazione. Mi piacerebbe fare radio e mi applicherò a questo.


Una cosa che non deve mai mancare sulla tua tavola

Pane, olio e sale. Ovviamente di ottima qualità.


Il tuo cuoco preferito del passato?

Escoffier, i suoi manuali di cucina sono la Bibbia.


Il libro che non deve mancare nella libreria di nessuno

La Caduta di Albert Camus, il mio romanzo di formazione.


Un pensiero per il futuro del mondo e dell’umanità.

Casa ti auguri principalmente?


Un pensiero che sta scritto sulla quarta di copertina del mio ultimo libro, dedicato alle donne, ma adatto a tutti.

“ Siate padroni della vostra vita” il che significa non vendersi per il potere e il denaro, ma guardarsi dentro per capire qual è il nostro compito su questa terra.

Se tutti gli esseri umani agissero in questo modo il mondo sarebbe migliore.


Se qualcuno avesse piacere di entrare in contatto con te, come ti può rintracciare?

Può scrivermi una mail passando al mio sito www.robertaschira.com


Roberta Schira è nata e vive a Crema (Cr), scrittrice e gourmet, da oltre dieci anni si occupa delle connessioni tra cibo, costume e psiche con particolare attenzione al rapporto tra cibo e mondo femminile. Collabora con diverse testate nazionali tra cui Il Corriere della Sera e con RSI, televisione svizzera italiana. Ha pubblicato una decina di libri, tra i quali “ Sadler, menu per 4 stagioni” ( Giunti), “Cucinoterapia” per Salani ;”L' amore goloso”, il romanzo “Piazza Gourmand” oltre a due volumi di antropologia alimentare per Ponte alle Grazie. Nel 2010 è uscito “Le voci di Petronilla” (Salani).


Intervista a cura di Monica Palla