| On the counter

The silent death of Stefano Bonilli

-

La mattina di lunedì 4 agosto ho appreso attraverso un comunicato Ansa, che il famoso giornalista Stefano Bonilli, ci ha lasciato, se ne è andato all’improvviso per un infarto la sera di domenica 3. Sono rimasta colpita, aveva poco più della mia età e lo conoscevo, se pur superficialmente, da 30 anni.

Durante tutta la giornata tra un incontro di lavoro e una riunione, nei tratti di strada che mi separavano tra un appuntamento e l’altro, cercavo su internet qualche notizia in più, senza trovarne. Il pensiero correva lontano nel tempo, alla metà degli anni ottanta, quando ero direttore marketing della rivista La Gola, quando con Carlo Petrini si parlava di ridare dignità alla parola cibo, quando Gianni Sassi (forse qualcuno lo ricorda) realizzò il marchietto dell’Arcigola, e Slow Food era solo un pensiero che non aveva ancora preso corpo. Il Gambero Rosso muoveva i suoi primi passi come supplemento de Il Manifesto. Ricordo che Stefano quando passava da Milano ci veniva a trovare in redazione, due chiacchiere, un caffè, a volte un aperitivo all’allora famoso cocktail bar Lucky Bar.

A volte in accordo, a volte in totale disaccordo, ma sempre uniti dalla consapevolezza dell’importanza di considerare il buon cibo e il buon bere parte essenziale della cultura dell’essere umano. In quegli anni di cultura enogastronomica non se ne parlava: Gianni Brera, Luigi Veronelli, Gianni Mura erano tra i pochi nomi che si sforzavano di dare visibilità a questo settore, a fare il cuoco non aspirava nessuno, gli chef famosi si contavano sulla punta delle dita di una sola mano, e il reparto libri di cucina nelle librerie era confinato in un piccolo scaffale, spesso quasi nascosto.

La sera di lunedì, rientrando a casa, ho cominciato a “smanettare” qui e là alla ricerca di notizie sulla sua morte e soprattutto sulla sua vita, ma nessuno ne parlava. Forse qualche tg mi è sfuggito, ma l’unico giornalista che ho sentito dare spazio a questa notizia è stato Enrico Mentana all’interno del tg serale de la7.

Ho pensato che essendo stata una morte improvvisa forse la sua biografia, il suo “coccodrillo” come lo chiamano i giornalisti, non era ancora pronto e che sicuramente nei giorni successivi sarebbe stato tributato a quest’uomo il giusto ricordo e riconoscimento per il valore alto che il suo impegno professionale ha avuto nel settore enogastronomico italiano, ma questo non è avvenuto.

Questa morte silenziosa, liquidata velocemente senza nemmeno un fitto passaparola, mi turba perché ancora una volta mi fa sospettare che per essere lodati da vivi e da morti si debba stare allineati e supini alla conformità del pensiero comune. Bonilli è stata una voce spesso scomoda, “fuori dal coro” come si suole dire, ma i suoi punti di vista, anche se non sempre condivisibili, non erano mai velleitari, erano sempre frutto di un pensiero profondo e coerente. E’ stata una figura di luci e di ombre e per questo a mio avviso, di rilievo e ricca di sfaccettature, ma soprattutto è stato un grande innovatore, un giornalista coraggioso, una figura di primo piano nella riqualificazione dell’intero settore enogastronomico e agroalimentare italiano. Tutto il settore, soprattutto quello produttivo di eccellenza di cui nessuno si occupava, ha trovato in lui una voce, una finestra di visibilità e di competenza, gli dobbiamo tutti molto, ma siamo una nazione con la memoria molto corta, sempre più corta, ormai non ci ricordiamo più nemmeno di chi ci ha lasciato solo una settimana fa.

Monica Palla