Forse, non c’è mai stata! E la chimica in cucina: quella invece c’è da sempre. E pure la fisica: è la loro applicazione che fa la differenza come l’uso e l’abuso derivati dalla co(no)-scienza delle persone che le applicano. L’eco della polemica che ha contraddistinto un po’ la vita mediatica del nostro paese nel 2009 non risuona più: i ‘fornelli polemici’ della voce informativa di Striscia la Notizia sono spenti da un bel po’, perché il principiante neo cuoco che stava cucinando il succulento piatto di ‘scoop’ (tipica ricetta della gastronomia giornalistica d’assalto, ndr) ha rinunciato, perché il piatto si è bruciato e forse ha capito che era meglio cimentarsi in qualcosa di meno dannoso, non solo per la cucina come valore umano e culturale, ma pure per l’intelligenza delle persone. O forse, la rinuncia è arrivata dopo aver finalmente compreso che un castello in aria non ci può stare. Da quei fornelli (polemici) il fumo è presto svanito come neve al sole e la puzza si è trasformata in profumo come per colui che respira aria di campagna capendo che l’aria di città , magari non olezza, ma fa male. Comunque, il caso è chiuso: Striscia la Notizia ha ‘trionfato’ (!?) e la cucina italiana è salva! Grazie! A distanza di tempo, però le cose non sono cambiate, per lo meno non come voleva la voce della giustizia mediatica e come anticipato il ricordo non serve più mantenerlo, altrimenti sai che figura da incantatore di serpenti. Quindi, mi sembrava arrivato il giusto tempo di maturazione per riaccendere gli animi gastronomici e dare il via ad una nuova intensa attività di divulgazione culinar-molecolare grazie alla recente uscita di un intelligentissimo gioco per bambini e al compimento di un decennio della nascita (più o meno) ufficiale della gastronomia molecolare. Partiamo proprio da qui. È il 1992 quando ad Erice si tiene il primo convegno internazionale di scienza e gastronomia intitolato ‘molecular and physical gastronomy’ dove appare appunto per la prima volta il termine di gastronomia molecolare che nato con un senso ben preciso avrebbe presto preso un inaspettato destino di successi e discussioni. In questa occasione appaiono nomi quali quello del fisico ungherese Nicholas Kurti, che già nel 1969 parlò di fisica in cucina, e dal chimico francese Hervè This. Da aggiungere, però, che la paternità dell’associazione gastronomia e molecolare (nel senso più attuale del significato e dell’applicazione) può essere attribuita allo scienziato statunitense Harold McGee, pioniere con il suo libro ‘On Food and Cooking, the science and lore of the kitchen’ del 1984. Tale disciplina fu poi portata avanti dal già citato Hervè This con un’amplia bibliogafria tra cui il libro ‘Molecular Gastronomy Exploring the Science of Flavor’. A seguito di quello di Erice, altri convegni dal titolo ‘molecular and physical gastronomy’ vennero organizzati, fino al 2004: in quelle occasioni si cercava di dare semplicemente delle spiegazioni scientifiche a tecniche e ricette di cucina già note senza parlare di innovazioni. Per lenire l’esterofilia fin qui espressa, anche in Italia abbiamo un grande protagonista di questo movimento, lo scienziato Davide Cassi, docente di fisica della materia all’università degli Studi di Parma, nonché ottimo buongustaio. Parentesi: fino ad ora non abbiamo citato altro che scienziati: degli chef nemmeno l’ombra. È il 2002, quando inizia un po’ di fermento e il termine cucina molecolare inizia a farsi sentire grazie alla cena degustazione firmata da Cassi e lo chef Ettore Bocchia, già forti di esperienze nate negli anni precedenti. Dà lì in avanti si inizia a parlare di cucina molecolare italiana, per sottolineare soprattutto la continuità con la nostra tradizione, sempre firmata dal duo gastro-scientifico Cassi-Bocchia che pongono le basi del nuovo movimento culinario nazionale con il libro ‘Il gelato estemporaneo ed altre invenzioni gastronomiche, mangiare sano e gustoso con la cucina molecolare’ e il manifesto della cucina molecolare italiana. Ferran Adrià , invece, altro grande esponente del genere, inquisito sempre (e solo) da Striscia la Notizia, non ne è stato ‘l’inventore’, ma bensì un grande maestro a mettere in pratica tali conoscenze ed abile comunicatore. Con lui, il britannico Heston Blumenthal, lo statunitense Thomas Keller, il consulente della Pixar per il film d’animazione Ratatouille, l’italiano Massimo Bottura che dopo le accuse e le imputazioni televisive sempre in nome di Striscia la Notizia è salito fino alle stelle più alte conquistandone ben tre. E così molti altri. Senza dimenticare Dario Comini, pioniere del Barchef e della Molecular Mixologist, ovvero la miscelazione che applica tali tecniche al bar nella realizzazione di cocktail inediti. Per qualcuno, tutto questo saranno fatti assodati, per altri meno, per alcuni per niente, ma sembrava doveroso ripercorre i punti salienti della questione. Il molecolare, appunto, cucina o miscelazione che sia. Davide Cassi spiega semplicemente e chiaramente che la cucina utilizza tecniche nuovissime grazie alla ricerca scientifica, ma attuabili anche con mezzi tradizionali, per rinnovare e ampliare il patrimonio gastronomico, per innovare tecnologicamente, per esigenze dietetiche e anche, aggiungo, per capire finalmente cosa accade quando si cucina, perché la scienza è fondamentale per innalzare a tutti i livelli l’alimentazione. Una scienza buona, sempre per usare le parole di Cassi, al servizio della tradizione, del gusto e della salute: ovviamente rappresenta la strada più difficile, ma più interessante perché cerca di portare in cucina tecniche superiori rispetto a quelle già da tempo utilizzate dall’industria, ma accettate, forse perché non note, dai consumatori. La parola molecolare ha dato una connotazione scientifica a tutto quello che già si faceva, magari anche in maniera empirica e in funzione all’esperienza, e ha aperto la strada ad un nuovo approccio molto più tecnico alla gastronomia. Per entrare nel vivo della discussione, la polemica iniziata puntava il dito sull’utilizzo di additivi, definiti chimici, nella cucina dei ristoranti: un attacco sterile non solo per la generalizzazione assoluta e per la scarsa fondatezza delle accuse, pure per la fondamentale carenza di spiegazioni e la assoluta mancanza di volontà di comprendere portando a testimonianza solo ‘voci pro causa’ e ancor più la presa di posizione assolutistica di non, comunque e sempre, confrontarsi con la controparte. Una diatriba, peraltro senza un contraddittorio onesto, nata da chi non ha voluto effettivamente far luce su alcuni aspetti che meritavano e meritano molta attenzione sia nell’approccio sia nella diffusione delle informazioni, solo per dare i famosi cinque minuti di popolarità a chiunque si schierasse a favore della disinformazione. Forse, i personaggi citati prima, i più importanti esponenti della scienza in cucina non erano abbastanza ‘ferrati’ in materia! Quindi, oggi, dov’è finita la nostra inesistente gastronomia chimica?... Questo falso mito dell’inganno a tavola, scemato solo con l’obbligo di rendere conformi delle etichette e di un falso provvedimento che nulla ha cambiato se non dare maggior (leggi peggior) fondatezza all’accusa? Forse è ora di battere sull’informazione della scienza, chimica e fisica, in cucina. Solo che la parola chimica, all’orecchio dei più, non ha un bel suono, perché associato a qualcosa di dannoso, di artificiale, di contrario al naturale e a tutto ciò che non fa bene. Solo quando sei al ristorante: quando tutto ciò è chiuso in una confezione o avviene sotto i nostri occhi quando cuciniamo tra i fornelli di casa, non fa paura. La famigerata lecitina di soia è presente nel famoso dessert agita e congela che acquisti addirittura alla cassa del supermercato, arrivi a casa, una shakerata, una notte in freezer e magicamente il giorno dopo hai un dolce al cucchiaio: e questa non è una trasformazione fisico-chimica di un prodotto? Questa è cucina molecolare! Viene venduta, viene acquistata, viene mangiata! Come mai nessun allarmismo? E di esempi simili ce ne sarebbero altri. In cucina, poi. Tutti abbiamo preparato una bella bistecca: in quel caso avviene una reazione chimica che dona quel bel colore brunito e quell’inconfondibile sapore alla carne. Grazie Maillard, e alla sua ormai sdoganata reazione; ma questo lo facciamo da sempre, non sappiamo cosa avviene, ma va bene così, non fa paura. La sua conoscenza, però, impedirebbe a chi si mette ai fornelli di non bruciare la carne, di trovare il giusto grado di cottura per averla al sangue o rosa, senza perdita di morbidezza, senza averla mezza cruda e senza tutto quel sangue che riempie il piatto. E la marinatura? E il limone che ‘cuoce’ il nostro pesce crudo? Certo, tecniche meno sofisticate rispetto ai grandi chef, ma sempre reazioni chimiche sono. E che dire di quei granelli che si mettono in un bel bicchiere di acqua del rubinetto e magicamente diventa effervescente con un bel gusto di limone? Certo, a volte gli ‘additivi’ hanno dei nomi sconosciuti, e per questo fanno paura, ma la sostanza non cambia. E poi c’erano anche gli spray aromatizzanti che ingannavano il consumatore per rifilargli dei cibi guasti: ma un pesce non fresco, non ti fa male se sa falsamente di limone, ti fa male perché non è fresco! E poi la differenza da una bella strizzata da uno spicchio dell’agrume qual è? Cambierà il modo di camuffare, ma il principio è lo stesso: è l’uso improprio a tutti i livelli che fa la differenza. È lo scopo che va demonizzato, non il prodotto che dai professionisti è usato per dare delle sfumature al naso senza invadere il gusto, per esempio! L’allarmismo è, però, ormai lontano, tant’è che si è passati dalle incursioni dei Nas e ‘dall’onorevole’ che firma in diretta un’ordinanza, per altro non reale perché venne firmata qualche giorno dopo per mano del Ministro Fazio, a permettere ai bambini di giocare con la cucina molecolare! Grazie ad una nota ditta di giocattoli, i più piccoli hanno la possibilità di cimentarsi in piccoli Bocchia, Bottura, Comini o Adrià con Laboratorio in Cucina. E credo che sia non solo intelligente, ma pure geniale insegnare con un approccio tecnico, ma molto comprensibile quello che avviene durante la preparazione del cibo attraverso piccoli esperimenti culinari che permettono di imparare i processi chimici e fisici responsabili delle reazioni che avvengono in cucina, e più spesso di quello che si crede. L’altro aspetto che mi ha colpito è proprio il fatto di portare il laboratorio, inteso come conoscenza diretta di ciò che si va a fare, per apprendere briciole di scienza mentre ci si diverte cucinando e mangiando, perché poi lo scopo è quello. Tra l’altro, nel kit ci sono alcuni dei prodotti demonizzati, ma ora sono nelle mani addirittura dei bambini! E come ha riportato lo scienziato Dario Bressanini nel suo bolg, questo fa capire l’evanescenza scientifica di quei servizi. A voi le conclusioni! Voglio chiudere sottolineando quanto sia fondamentale capire come la scienza sia utile in cucina, perché è questa la strada per tutelare i consumatori. Se poi, le conoscenze chimico fisiche permettono di stupire il palato con nuove sensazioni, nuove forme, nuove testure, nuove prospettive del gusto, questo non è solo che un valore aggiunto che permette al nostro patrimonio gastronomico di evolversi e quindi rimanere nel tempo, perché quello che per noi oggi è tradizione per coloro che ci hanno preceduto è stata, in qualche modo l’innovazione di un’eredità culinaria. Non esistono, così, cuochi o bartender molecolari o tradizionali, ma bensì professionisti o improvvisatori, distinti tra coloro che sanno e coloro che senza responsabilità alcuna dispensano disinformazione gastronomica.
«quello che oggi è dimostrato, un tempo è stato solo immaginato»… William Blake
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