...e così ci siamo persi!!!
Ormai tutte le guide sono già uscite da un pezzo, anticipate anche da presentazioni in pompa magna e seguite da articoli su articoli che non han fatto altro che presentarle pubblicando classifiche su classifiche, rimbalzando nomi e punteggi, incrociando dati e valutazioni… manco fossero quelli delle agenzie delle entrate!
Di guide ne esistono molte, da quelle dei ristoranti a quelle dei bar, da quelle delle osterie a quelle delle birrerie. E potremmo continuare a fare altri esempi. Ognuna, ovviamente, si propone con il proprio obiettivo e si presenta per il proprio pubblico, differente per esigenze e cultura. Ognuna, poi, inserisce ciò che vuole, selezionando a propria discrezione tutti gli indirizzi. Ognuna, infine e qualora si proponesse di farlo, giudica con un proprio criterio. Ovviamente, quelle che fanno più discutere sono quelle dei ristoranti, anche se quelle dei bar non sono da meno. Tutti ne abbiamo sfogliata almeno una, comprata magari meno, ma sicuramente ad una sbirciatina in libreria non ci abbiamo rinunciato. La curiosità è donna, pure uomo! E altrettanto certamente, abbiamo dato un’occhiata al giornale che riportava tutti i risultati, come se fosse l’ultima di campionato. Innanzitutto per sapere, ma anche per capire, perché diciamocela tutta, a volte c’è qualcosa che non torna… e di nuovo abbiamo perso la guida!
Insomma, la domanda è: chi controlla il controllore o per lo meno chi s’investe di tale ruolo, critico, giornalista o gourmet che sia? Questa non vuole essere una provocazione fine a se stessa, ma uno spunto per comprendere come funzionano esattamente le cose, soprattutto mettendosi nei panni di un consumatore che acquista una guida affidandosi a lei nella selezione di un locale. La mia preoccupazione non nasce dal numero di posti indicati, ma per il fatto che sono tutti recensiti, giudicati, valutati e criticati. Basta fare i conti e alcuni dubbi sorgono spontanei: quante volte ogni critico avrebbe dovuto accomodarsi a tavola ogni giorno? Oppure, quanti ispettori ha ogni guida? Nel primo caso, credo che ogni osservatore gastronomico avrebbe dovuto trasformarsi nel mitico Gargantua per raccogliere dati a sufficienza per esprimere un giudizio aderente alla realtà . Nel secondo caso, invece, avremmo un numero elevato di critici, quindi bocche, quindi teste e perché no, stomaci. Pertanto, in che modo si può considerare pertinente e rispondente alla realtà , ovvero uno standard uniforme, la moltitudine di giudizi raccolti? Ci dovrebbe essere un allineamento di tutti gli ispettori, non tanto su cosa valutare, ma piuttosto sul come. Ma visto che accomodarsi in un ristorante è un’esperienza multisensoriale e che ogni persona risponde agli stimoli in maniera differente e che sono numerosi i fattori che intervengono e influiscono sull’esperienza stessa, la cosa la vedo ancora più complicata. Infatti, se compariamo le diverse guide, comunque compilate da esperti di gastronomia, troviamo delle discrepanze, a volte anche non indifferenti, ma questo potrebbe essere spiegato dalle stesse guide che dicono di avere ognuno il proprio metro di giudizio. E poi: quante ‘visite’ riceve ogni locale menzionato per essere giudicato, a cui successivamente viene affibbiato un punteggio? Questo, però, è solo la parte, diciamo, tecnico logistica delle guide. L’altro aspetto fondamentale, già accennato, è il metro di giudizio adottato che distingue una guida dall’altra: quindi è l’autorevolezza che rende importante e dà valore alla critica. Come si fa, però, a scegliere se tra due guide ci sono dei sottili, ma sostanziali divari? Chi ha ragione? Entrambe? Forse! Nessuno? Può darsi! Infatti, qui ritorniamo al discorso di prima: esiste la qualità oggettiva e quella percepita, e la seconda ha un grosso peso sul giudizio finale. Le guide sono croce e delizia degli chef, fanno gongolare i gourmet, rendono potenti i critici che ‘possono far nascere o morire’ un stella e segnare il destino di un locale. Quindi, bisognerebbe stare molto attenti, perché la consacrazione fa rumore, ma un giudizio negativo fa eco! Senza, dunque, entrare anche nel merito di diversi scandali che hanno coinvolto alcune guide e i loro ispettori, ci sono diversi esempi che posso portare per avvalorare la ragione dei miei dubbi. Qualche anno fa, le guide hanno iniziato ad interessarsi di birra ‘premiando’ quei locali che si sono distinti per la loro selezione e per il loro servizio particolarmente curato di questo prodotto, menzionando coloro che erano particolarmente attenti alla cultura birraria. E spulciando le numerosissime pagine come un topo di libreria, ho scoperto alcune stranezze. Una guida ha premiato solo tre locali con questi meriti, quindi presumo proprio quelli dall’elevato standard brassicolo, un’altra oltre centocinquanta. La cosa strana, però, che uno dei tre non era nemmeno menzionato nell’altra guida e un altro non rientrava nemmeno nei segnalati con il boccale. Inoltre, … no, forse è meglio che ora non scriva più nulla! Potrei rischiare una querela! Continuando con gli esempi, passiamo ai bar. Sfogliando una nota guida, mi venne voglia di andare in una caffetteria della mia città recensita con il massimo dei voti. Visita altamente deludente. Poi capii il perché. Tale guida era sostenuta anche da una notissima torrefazione, guarda caso la stessa della caffetteria che tra l’altro è un locale storico. E qui mi fermo. Vorrei chiudere con una testimonianza emblematica. Un anno, in un programma televisivo vennero decretati in diretta i premiati e conferirono una stella ad uno chef che brillantemente rispose che era ovviamente contento della nomina, ma preferiva tutte le sere spiare dalle porte della sua cucina e ammirare la sala gremita e appagata, piuttosto che avere la stella e nessuno seduto a tavola!
La prossima volta, forse, sarebbe meglio affidarsi alla guida dello spirito, o meglio dello stomaco, il nostro…
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